Grano Saragolla al gusto di Mediterraneo


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-Chiccolino dove sei?
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-Sotto terra, non lo sai?
-E lì sotto non fai nulla?
-Dormo sempre nella mia culla
-E cresciuto che sarai, chiccolino che farai?
-Una spiga metterò e tanti tanti chicchi ti darò!






E’ la filastrocca del grano che tutte le nonne della Basilicata ripetevano ai propri nipotini per augurar loro crescita e sviluppo, proprio come accade a una spiga di grano. Ed è stata ripetuta così tante volte a Palazzo S. Gervasio per Angelo Lacivita che questi, cresciuto, ha deciso di diventare il “salvatore” dell’antica varietà di grano Saragolla.  Il grano, le sue varietà e i suoi derivati hanno navigato la lunga storia del Mediterraneo e hanno nutrito i popoli di una cultura comune.


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Il grano Saragolla in Basilicata

Sono passati tanti anni da quando la nonna chiamava Angelo “chiccolino”, ora lui è un uomo che non solo coltiva il grano ma vuole vendere lo stesso grano che mangiava la nonna. Allora si mette in cerca di vecchi granai in Palazzo S. Gervasio, chiede consigli e informazioni a vecchi contadini finché non trova vecchi “chiccolini”. Li rimette nella “culla” della terra e aspetta che crescano.

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Quando sono diventate spighe altissime, Angelo individua l’antica varietà di Saragolla e poi, finalmente, tanti chicchi comincia a generare. Ultima fase del piano “Salvare Saragolla”: la tutela giuridica della varietà. Così, il 28 gennaio del 2013, la “Saragolla lucana” è la prima varietà di frumento recuperata e iscritta al registro “Varietà da conservazione”, ovvero facente parte di quelle varietà tradizionalmente coltivate in particolari località e minacciate da erosione genetica. Questo primo passo verso la salvaguardia della nostra cultura è stato compiuto grazie ad Angelo Lacivita, al Centro di Ricerca per la cerealicoltura, alla Regione Basilicata e all’Associazione lucana cerealisti di antiche varietà di Palazzo San Gervasio. La Saragolla lucana è salva e quel “chiccolino” di Angelo ha realizzato appieno l’auspicio della nonna.

Angelo Lacivita

La storia agricola della Basilicata si potrebbe far cominciare 8000 anni fa, quando nascono e si addomesticano il grano duro e tenero. In Puglia e Basilicata, 7000 anni fa, sorgono i primi villaggi agricoli con semi provenienti dal Vicino Oriente: farro, piccolo farro, orzo, lenticchia, cicerchia, fava e veccia. 
Nel VI millennio a. C.  l’agricoltura è ampiamente documentata in Basilicata, soprattutto nell’area di Rendina (l’attuale Melfi) dai resti di Hordeum vulgare (orzo) e Triticum aestivum (grano duro/tenero). Stesse testimonianze si ritrovano anche presso l’antica Trasano (attuale Matera).

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7 buoni motivi per mangiare il grano antico Saragolla

1. La straordinaria qualità della semola e del glutine della Saragolla sono caratteristiche che solo i grani antichi conservano

2. La Saragolla ha un'ottima resistenza alle fitopatie e adattabilità agli stress ambientali

3. La Saragolla viene lavorata con la macinazione a pietra, la sua farina è molto meno raffinata da considerarsi semi-integrale rispetto a quella prodotta con grano moderno

4. Le modifiche apportate ai grani moderni hanno provocato un eccesso di glutine e intolleranze, mentre la Saragolla e tutti i grani antichi mantengono un rapporto più equilibrato tra presenza di amido e presenza di glutine. I grani antichi hanno una minore quantità e una maggiore qualità di glutine

5. La minore presenza di glutine rende la farina di Saragolla più leggera e digeribile

6. Se scegli di mangiare grani antichi aiuti a conservare la biodiversità di territori, popoli e culture

7.  La riscoperta dei grani antichi è merito soprattutto dei piccoli produttori agricoli che, ogni giorno, lottano contro il mercato globale e la grande distribuzione. Questi contadini meritano la riconoscenza di scegliere la qualità alla quantità che finisce sulle nostre tavole. Acquistare grani antichi significa scegliere la filiera corta

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La traversata del grano nel Mediterraneo

La cultura del Mediterraneo e, di conseguenza, la sua dieta si basano su tre pilastri fondamentali: il grano, l’ulivo e la vite. Questi tre elementi viaggiano, subiscono mutamenti in forme e funzioni fino ad arrivare al perfetto “simposio” che è la Dieta Mediterranea.
Gli Egizi, antichissimi coltivatori di cereali e consumatori di pane di grano e di birra, non hanno un rapido incontro con l’olivo e la vite. Le caratteristiche dell’agricoltura egiziana dipendevano dalle tracimazioni del Nilo che, se per la coltivazione di cereali erano ottime, andavano meno bene per la coltivazione delle altre due piante. Erodoto documenta l’esportazione di olio e vino dalla Grecia in Egitto fin dalla metà del primo millennio a. C.
I primi ad aver intuito le potenzialità dietetiche dell’olio d’oliva e che hanno cominciato a consumare pane di grano durante la loro permanenza in Egitto sono sicuramente gli Ebrei. Loro, però, sono ben guardinghi nei confronti del vino.
I Greci, grandi estimatori del nettare di Dioniso, non conoscono l’uso alimentare dell’olio d’oliva ma ne intuiscono solo le potenzialità estetiche.
Bisogna aspettare l’età ellenistica e la definitiva annessione dell’Egitto all’Impero Romano (30 a.C.) affinché gli antichi usi alimentari, le materie prime, le procedure, le norme gastronomiche e dietetiche si integrino e diano vita all’unicità della Dieta Mediterranea. La progressiva unificazione politica del Mediterraneo sotto l’egida di Roma, l’universalizzazione delle lingue greca e latina e l’universalizzazione del vino, dell’olio e del pane hanno fatto del Mediterraneo il Mare Nostrum.


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L’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli e l’Associazione Italiana Food Blogger promuovono il progetto “Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II e Food Blogger: insieme per la salute. La ricetta giusta per il tuo benessere”




















Grano Saragolla al gusto di Mediterraneo


Ingredienti per 4 persone

grano in chicchi 280 gr 
peperoni 250 g 
Pomodori 3 medi (350 gr circa) 
Menta fresca abbondante 
Acciughe (alici) 5 filetti 
Vino bianco o rosato
Olio extravergine di oliva 3 cucchiai 
Pepe 


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grano Saragolla al gusto di Mediterraneo
Lava per bene il grano e lascialo in ammollo 6-8 ore, con almeno il doppio dell’acqua. Quando il grano è pronto, accendi il gas, aggiungi un pizzico di sale e fallo bollire per almeno mezz’ora. Sarà il tuo gusto a scegliere la morbidezza.

Nel frattempo lava e taglia a tocchetti i peperoni e i pomodori. Per non usare sale, fai soffriggere le alici finché non si sono sfarinate, aiutandoti con un cucchiaio di legno. Quando non vedrai più le alici, aggiungi i peperoni e i pomodori. Sfuma col vino e fai consumare al coperchio per 10 minuti.

Quando il grano è cotto, scola l’acqua residua e lascialo freddare un po’. Appena raggiungono una temperatura ambiente, versa il grano nei peperoni coi pomodori, aggiungi il pepe e profuma con foglie di menta.


Il grano al profumo di Mediterraneo è un primo estivo, dal profumo retronasale molto intenso e da una sapidità delicata che lascia spazio all’originario sapore del grano.


Bibliografia

Luxuria, grammatica della cucina mediterranea” di Adelchi Scarano, Bompiani, Milano, 2006.

Le origini dell’agricoltura nel Mediterraneo e la diffusione dei cereali in Puglia e Basilicata” di Antonio Affuso, Basilicata Regione Notizie, Consiglio della Regione Basilicata.

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