La corona di Critonios e le api in Basilicata

miele della Basilicata, foodfilebasilicata
Ape e poi...Regina. Vitale insetto che, come dice Lorca, filtra “l'anima e il sangue dolorante dei fiori” per restituirci il “cantico  dell'amore”. Di miele sono i baci e di miele è la Luna, sacra protettrice dell'ape. Il rapporto d' "amorosi sensi" tra l'ape la Basilicata è aureo proprio come la corona di Kritonios, raro reperto di arte orafa del IV sec. a.C.  rinvenuto ad Armento.










“La regina è la madre dell’alveare. Essa non ha altra funzione che generare. La regina depone un uovo dopo l’altro nelle cellette a ciò destinate. Le api che nasceranno non diventeranno madri, bensì condurranno un’esistenza verginale, dedicata unicamente al lavoro. Lo sciame d’api è l’esempio perfetto della prima comunità umana, fondata sulla ginecocrazia della maternità. L’ape può rappresentare bene la potenza femminile della natura” La sintesi di Johann Jakob Bachofen racchiude il simbolo di un matriarcato perfetto, un modello organizzativo incentrato sulla creazione.

Come il mistero della nascita umana si svolge nell'oscuro ventre della donna, così l'ape costruisce l'alveare in una grotta o nel cavo di un albero e da lì genera il miele, dono degli dèi. Ape, miele e divinità inseparabili per sempre. Sacro e umano congiunti in un unico cibo: il miele è il nutrimento di Cronos, Pitagora ne andava pazzo, alcune api accolsero la nascita di Pindaro e Platone, le sacerdotesse di Eleusi erano “api” in quanto svelavano la lingua divina… insomma, il miele si trova nella bocca dei saggi!

L'ape genera vita e nutrimento per semplice mistero divino. Demetra o Persefone che stillano gocce di dolcezza nella vita. L'ape: quel che sopravvive dopo la morte: l'anima. Proprio come credevano gli Egizi, i Greci e i Galli.
Anche la Basilicata magno-greca testimonia il legame con l'anima della natura con una raffigurazione di fiori e api in un intreccio di cangiante vitalità delle forme vegetali che è la corona di Kritonios. Un raro capolavoro del IV sec a. C ritrovato ad Armento e oggi conservato al Museo Antikensammlungen di Monaco di Baviera.

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La corona aurea di Kritonios, da Armento (Potenza), 370-360 a.C.- Staatliche Antikensammlungen, Monaco di Baviera – Photo by Matthias Kabel | CCBY-SA3.0



“Una ghirlanda d’oro, dal peso di un rotolo e due once, con iscrizione di 27 lettere. Un fauno di bronzo dall’altezza di un palmo e mezzo. Un candelabro di bronzo in cinque pezzi. Quattro vasi grandi. Una ventina di vasi piccioli di ricco valore. Una corniola. Degli ornamenti di donna in vari pezzi d’oro, ma rozzi”. Era il 2 agosto del 1814 quando il Colonnello D. Sponsa di Avigliano fece rapporto a Giocchino Murat su quanto aveva trovato nell'agro di Armento di Basilicata. La tradizione vuole che la corona sia stata venduta al Museo Archeologico di Napoli per 60 ducati, poi sia stata dono di nozze dei Borboni e da qui alla corte degli Asburgo di Vienna fino ad arrivare al Museo Statale di Antichità di Monaco di Baviera.

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Particolare della corona aurea di Kritonios, da Armento (Potenza), 370-360 a.C.- Staatliche Antikensammlungen, Monaco di Baviera – Photo by Matthias Kabel | CCBY-SA3.0
Giacomo Racioppi racconta così questo prezioso reperto che sancisce l'alleanza tra la Basilicata e le api: “E’ una ricca intrecciatura di nomi e fronde di quercia, con un gran rigoglio di fiori a corolle e calici aperti e smaltati in blu – turchese. Alati insetti pare si appoggino sulle estremità oscillanti per i delicatissimi gambi dei fiori e alcune figure di donne alate poggiano sui rami che formano il serio, il tutto in oro. Meraviglioso gioiello in cui la libera leggerezza dell’esecuzione, l’avvisato scompiglio dell’insieme e il ricco intreccio della vegetazione danno al tutto l’espressione della natura viva e reale. Porta scritto in greca lettera dell’alfabeto euclideo: Kreitonios ètecke toei stèfanon: Critonio dedicò questa corona”.

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